Vivere d’amore

Quanto e cosa siamo disposti a sacrificare per Amare una persona?

Un periodo così nella sua vita, no, onestamente, non l'aveva mai attraversato.
Una tempesta di cose negative continuavano a fiaccarle le forze, aggredendo il suo forte adattamento al vivere precario, un uragano silenzioso, inesorabile le stava togliendo il sorriso, la più flebile speranza.
Il suo lavoro non bastava a coprire le spese, ed il suo lavoro la stava, oltremodo, portando alla pazzia. Non lo voleva più, aveva paura di perderlo, lottava ma senza convinzione, come un pugile al 15° round alza a fatica le braccia per cercare di tirare un pugno, quello definitivo, per accorgersi invece di non riuscire nemmeno a tenere le sue braccia alzate, nemmeno una alla volta.

Era una fredda mattina di Gennaio quando lo incontrò 
Lei aveva il viso, gli occhi, di chi non vedono, di che non è interessata a guardare aldilà del proprio naso, lui un sorriso caldo che cantava di voglia di Amare. 
Non voleva vedere nessuno, sentire nessuno, il suono della sua stessa voce la infastidiva, eppure la domanda di Lui sembrò destarla dal torpore, la voce, il tono, il timbro e quegli occhi che maledettamente la illuminavano. 
Era abituata a chi "attaccava bottone", a chi con misere, patetiche scuse cercava di avvicinarla, e lei era una "campionessa", era spettacolare come riuscisse a mettere tutti in fuga, non mancava un colpo, e quest'anno c'erano le Olimpiadi, e lei avrebbe vinto sicuramente l'oro se solo qualcuno si fosse preso la briga di inserire questa disciplina tra gli sport in competizione. 
Lui non era la stessa cosa, lui non cercava Nulla.
Lui, sembrava volesse solo dare.
Non parlava per farsi rispondere cose che a lui tornassero utili, qualcosa che gli permettesse di chiedere altro, le stava tendendo una mano, senza aspettarsi che lei la stringesse.
Lei non voleva parlare con Lui, eppure non riusciva a smettere di farlo, rispondedo, raccontando, ma soprattutto, senza smettere di guardarlo.
Max era il suo nome, come lui amava dire, troppo corto per essere ricordato. 
Max non era un "belloccio", anzi, questo forse la faceva stare più tranquilla, invece quello che la destabilizzava di più era il calore disinteressato ed immenso che riusciva a donarle incondizionatamente. 
La lasciò con un saluto, senza chiederle di rivederla, senza proporre, senza fare un passo oltre, ma la cosa stupenda e dolce fu la sua ultima frase che lui le donò: "…tanto Noi ci rivediamo, vero??!!".
Sembrava la canzonasse, ma la felicità di Lui e la sincerità sgorgavano senza sosta da quelle poche, significative parole.
Quel suo sorridere, quel suo sguardo sereno, ma profondo…
Magari avesse incontrato persone così negli ultimi tempi, ogni santo giorno, le sue sofferenze sarebbero divenute di gran lunga meno pesanti!
Arrivare al suo lavoro, alla sua croce quotidiana, stamane aveva un sapore diverso, o forse la speranza di rivederlo, di sentire ancora la sua voce, oppure di guardare ancora nei suoi occhi, trasparenti come uno specchio d'acqua.
Stava sognando veramente troppo.

Erano passati tre giorni e di certo il pensiero per quel "curioso essere" non era ai primissimi posti della sua Hit. 
La desolazione, la preoccupazione, peggio la sua impotenza, erano pensieri che la rincorrevano, ovunque,ovunque la mente tentasse di fuggire. 
Eppure riapparve… 
Dal nulla
Come la prima volta
Era li al suo fianco senza che lei se ne accorgesse, aveva questo dono, comparire e mai sparire.

Max aveva notato che il suo sorriso era diverso, che negli occhi di lei c'era un allegro stupore e "…vaghe tracce di felicità…", così le aveva definite, ovviamente sempre sorridendo! 
Aveva anche notato molte altre cose, ma le taceva, allo stesso modo percepiva di Lei molte sue sensazioni, ovviamente senza parlarne, per rispetto, ma Marta sapeva.
Lei sentiva che Max leggeva dentro di Lei.
Lei sapeva che non servivano altre parole.

Questa volta il suo "eclissarsi" fu più sofferto e Lui non si affannò nemmeno a nasconderlo. 
"Perché sfidare ogni volta il destino? Come posso rivederti?"
Un colpo diretto allo stomaco.
Quindi non era più un caso rivedersi.
Le stava quindi chiedendo, con garno, di poterla incontrare di nuovo.

Marta rimase in silenzio.

Una conto è il caso, un conto invece è il decidere di fare qualcosa, decidere di volerlo rivedere.
Rimase immobile.
In silenzio.
Per un tempo indefinito.
Lui la salutò, con il suo splendido sorriso spontaneo, ma stavolta velato ed intriso di tristezza, quella di chi non comprendere l'essere "respinto".

Non voleva!
Non voleva assolutamente respingerlo! 
Ma perché allora era rimasta muta, pietrificata?! 
Così sgarbata, glaciale, indifferente. 
Tutte cose che dentro Lei non avevano mai trovato albergo.
Oh Signore come era cambiata!

Questo ultimo pensiero la devastava.
Era cambiata così tanto da sembrare quella che in fondo lei non avrebbe mai voluto diventare. 
Stava male.
Avrebbe voluto rincorrerlo, lo avrebbe rincorso solo per spiegargli che Marta non era quella persona che Lui ora sapeva fosse. 

"…d'altronde…. Nulla era per Lei…."
Eppure teneva a cosa pensava di Lei.

Di notte pianse, pianse e pianse ancora.
Involontariamente quell'uomo la spingeva a riflettere a cosa se stessa fosse diventata, a cosa si era trasformata, una persona senza nome. 
Un'altra lei che conviveva dentro Marta, era dentro Lei, con il diritto di esserci.

Passarono giorni e Lui non si vedeva, e quel tempo sembrava trascorrere per farle comprendere quanto effettivamenti lei pensasse a lui.

"Questa volta facciamo le cose per benino…
Io faccio finta di presentarmi e tu farai finta di essere felice di rivedermi, va bene?"

Un tuffo al cuore!
Era di nuovo li.
Ma come diavolo faceva! 

Passarono ore a parlare, lei non finiva più di vomitargli addosso idiozie,  si, vere e proprie facezie.
Cose su di lei lontane, piccole perle del …. Nulla, che raccontavano però la sua vita.
Max non perdeva nemmeno una parola, come un buon cristiano all'omelia della messa domenicale. 
Marta non parlò del perché la volta precedente lo aveva "respinto".

La cosa bizzarra era che, aldilà del pensiero rivolto a lui, come persona, come uomo, Max aveva il potere di farla pensare circa "Lei".

Aveva da tempo, troppo tempo, smarrito quella strada.
Inziava finalmente a comprendere che Marta non pensava più a se stessa, ai suoi sogni, ai suoi progetti.
Solo ora, grazie a lui, stava tristemente prendendo coscienza, che aveva cessato di "vivere", si sforzava solo di esistere.
Subiva la vita, si lasciava trasportare dalle urgenze, cercando solo di evitare strattoni, senza determinare minimanente la rotta. 
Questo di lui la folgorava, questo di lui la terrorizzava. 
Max aveva avuto la forza, il potere, il coraggio di prendere la sua mano e portarla sull'orlo dell'abisso, quell'abisso, il suo abisso, e lui rimaneva con dolcezza e determinazione al suo fianco. E lui non si sarebbe mai stancato di farlo.
Questo la rendeva pazzamente felice.
Questo la terrorizzava.

Tanto aveva voglia di sentirlo, di parlare con lui, quanto una parte di lei cercava di respingerlo.

- In fondo Marta, cosa c'è di male nel lasciarsi 
trasportare dalla "corrente"?! -

Bastava solo evitare le rapide, bastava solamente continuare ad esistere, come stava facendo.
Perché ridestare qualcosa che nella vita le aveva arrecato solo sofferenza?!

Ai curiosi appuntamenti di un bar, adiacente a dove si recava a lavoro ogni giorno, seguirono le telefonate, interminabili, i messaggi inaspettati, i messaggi scritti in contemporanea, incredibile! 
Moltissime volte, mentre stava per inviare il suo sms, la bustina che parlava di lui si accendeva... e non solo quella. 
Appena sveglia, il primo pensiero andava immediatamente a lui.

Non le era mai capitata qualcosa di lontamente simile nella sua vita.
Questo la rendeva felice, pazzamente felice.
Questo la terrorizzava.

Max non si era mai proposto oltre le righe, non aveva mai cercato approcci, ma con una serena gentilezza riusciva ad entrare dentro lei, dentro il suo più profondo essere, con la potenza di treno, ecco, questo la destabilizzava più di ogni altra cosa, questo la destabilizzava più dell'assenza di un passo ulteriore, di una consapevolezza, quella che le stava lentamente crescendo dentro. 
Non poteva fare a meno di lui.

Una sera al telefono, dopo averlo bersagliato con l'attico segreto della sua casa ideale, con i colori usati per dipingerlo, rincarava la dose con un altro abbondante resoconto di "insignificanti cose"  che lei normalmente faceva nella vita, senza che nessuno mai al mondo si fosse preso il tempo per chiederglielo, di ascoltarla.
Il discorso, ad un tratto,si fece serrato. 
Non dipese da lei, da Max, ma naturalmente si trovarono a parlare di come lei stesse bene nel viverlo, come lui, ammise, non poter concepire la sua giornata senza di lei.

Si cercano smentite sperando sempre di trovare conferme, anche pagando il caro prezzo del terrore che il richiedere tali conferme, comporta.
Impiegò un tempo che a lei parve infinito… 
un tempo che la emozionava…
Lei lo sentiva, lo sentiva sempre più forte dentro.
Lei si aspettava quella risposta, Lei sapeva.


Ti Amo Marta…


Si era innamorata anche Lei, peggio si erano accorti entrambi, che la loro Anima non era che un'Anima sola. 
Questo spiegava tante piccole, importantissime, inultili cose. 
Sentiva il suo respiro su di lei, si sentiva capita, compresa, abbracciata.
Non si erano scambiati nemmeno un bacio, e Lui era tutta la Sua Vita!





Percorreva la strada senza guardare dove stesse andando.
Lo sapeva.
Sapeva di trovarsi davanti dove non voleva essere, ogni giorno, ogni singolo giorno. Un velo di tristezza da molto tempo le oscurava il cuore e lavorare era diventanto un passatempo, tanto il dolore che aveva dentro la consumava.

Doveva trovare un altro lavoro, dove dare una svolta alla sua vita. Non ne aveva le forze, Lei aveva scelto di seguire quella vita e non sembrava servire a nessuno cambiarla. 
Era stata brava, aveva deciso per Lei, aveva deciso... "la cosa migliore". 

Se lo ripeteva tanto di quelle volte da rimanerne stordita.
Lottava ogni giorno contro i sogni, perché lei aveva determinato che essi rimanessero tali.
Aveva deciso che lui non doveva essere "Vita".
Marta lo aveva posto al di fuori.

Un vuoto incolmabile riempiva la sua anima.
Aveva imparato anche a non sentirlo più dentro lei, ma ovviamente era una sciocca, infinita bugia.
Aveva rispreso timidamente a disegnare, piccoli tratti, volti, immagini, quello poteva essere un progetto forse (?), certamente quello che invece doveva essere la sua Vita, quella da sempre sognata.
E poi... non si degnava nemmeno di controllare annunci, richieste di lavoro, le bastava così. 

Mentre disegnava su un tovagliolino un volto distrattamente, le passarono molto vicino due persone e, pur non volendo, colse distintamente:
"Non è facile trovare chi disegna per amore di farlo, chi ha la tecnica dentro, innata…"
"Noi dobbiamo trovarla quella persona, lo sai vero?"

Un tuffo al cuore, parlavano di lei! 
Era lei la persona giusta, era lei!!

Non si alzò nemmeno.

- Dove pensi di andare?? -
- Non li conosci, solo parole, ma perché devi cambiare quello che hai?! -

Le mattine seguenti, incontrando ancora quella persona, quella che lei aveva indivuato fosse il "personaggio principale", continuò a rimanere seduta, le cose per lei, potevano rimanere così com'erano. 
D'altronde lui non aveva nemmeno notato che ogni mattina lasciava sul tavolo del bar una serie di bizzarre "opere d'arte", tutte rigorosamente relaizzate su tovagliolini usa e getta, quelli del bar.

Diversi giorno dopo, mentre sorseggiava il suo latte macchiato:
"Posso parlarle un attimo?"

Confusa, imbarazzata, rispose con un gesto.

"Qualcuno mi ha detto che lei ha l'arte nel cuore.
Che lei disegna, pensavo che forse le piacerebbe riflettere su una mia proposta".

Quel giorno a lavoro non pensava ad altro, non riusciva a non fantasticare….. qualche punto non le sembrava assolutamente chiaro. 
Chi aveva parlato di lei?? 
Chi la conosceva così bene da parlare di "arte nel cuore". 

Piero quel maledetto barista che parla sempre il doppio di quanto occorre!! 
Lui era l'unico che ogni mattina scherzava con lei sui suoi "capolavori".

"Marta anche oggi la mia collezione cresce!!! 
Questi li porto alla galleria d'arte moderna di New York!"

Allora perché Fausto, il titolare di uno studio di design le aveva detto di non aver visto mai una suo disegno?

La paga era veramente bassa per quello che le chiedevano, lo sapeva lei, lo sapeva Fausto, ma lo studio stava iniziando ad affacciarsi da poco nel mondo reale, e lui, uomo più maturo di lei, più esperto, amava fare i passi uno alla volta, beh… oddio, tranne quello di abbandonare il suo impiego in banca per cavalcare un suo Sogno.
Quello che la spaventava erano il fisso, veramente basso, le permetteva appena di coprire le sue spese vive, ed il resto poi, doveva tirarlo fuori dal suo… cuore. Alto il compenso, tipo provviggione, su ogni lavoro portato a buon fine. 
Disegnare interni, interni di case da sogno. Non case multi milionarie patinate, no, Fusto curava l'arredamento di piccole, bellissime case da sogno, e non poteva essere altrimenti. 
Case sul mare, case sul lago, case poste in luoghi ameni, case di persone che avevano soldi a palate, ma persone che amavano ancora emozionarsi di piccoli, squisiti particolari.

Seduta sulla sua poltrona preferita, l'unica della sua casa, ovviamente, si godeva la serata. 
Un libro in mano, un calice di vino rosso al suo fianco e tante cose da pensare. 
Quella era una di quelle sere nate per ripercorrere, a ritroso, gli ultimi eventi, nei mesi, non più di un anno, non poteva più tornare tanto indietro nel tempo.
Il lavoro intrapreso da un anno, è vero, non le permetteva nessun lusso, ma le donava una serenità che non ricordava dall'infanzia. 
Era brava.
Era diventata il punto di riferimento di uno dei migliori studi della città. La paga, sempre modesta, ma i suoi sogni, il suo amare il lavoro, facevano la differenza. 
In questi ultimi otto mesi si era potuta permettere una piccola vacanza inaspettata. 
Il nome di quella vacanza era legato ad una facoltosa, altezzosa ereditiera. 
L’immagine di quella vacanza era uno splendido sottotetto creato da lei, in maniera emozionante, il sottotetto dei sui sogni, un sogno mai diventato vita, e che lei aveva deciso che mai lo sarebbe diventato.
Una scrivania minuscola che prendeva luce da uno splendido abbaino, un divano verde che sembrava essere nato per quella stanza.
Piccoli eminuziosi particolari che solo lei avrebbe potuto creare, particolari di un sogno, un sogno legato ad una persona, una persona per la quale aveva immaginato quella stanza, quella casa. Max.
Non passava giorno che il pensiero, la sensazione, l'emozione di quell'anima non la toccasse. 
Era difficile ammetterlo, ogni giorno lui faceva parte della sua vita, nonostante lei lo scacciase, Max con il quel suo sorriso dolce, sornione, era sempre, sempre presente. 
Cosa avrebbe detto vedendola ora? 
Come sarebbe stato felice a sentirla così serena.
Ancora oggi, nei momenti più importanti, delicati, aveva la naturale percezione di parlare con lui, magari solo per dirgli: 
"...ho fatto così proprio perché pensavo... Tu che ne pensi? 
Credi sia il caso di... Pensi non sia meglio invece...". 

Lui non c'era più... 
Basta con queste stupidaggini, assurde stupidaggini, basta!!



Aveva tempo libero, tempo libero misto a periodi impossibili, in dirittura di arrivo nei progetti lavorava fino a diciannove ore al giorno, ma era soddisfatta, era felice.

"Pronto, parlo con la signorina Marta?"
Una voce sconosciuta, non capiva sinceramente cosa le stesse chiedendo, cosa voleva da lei? 
Un caffè al solito bar, quattro chiacchiere non si negano a nessuno,
Anche questa frase non era sua, Max l'avrebbe sicuramente detto.

"Lei potrebbe essere interessata ad un lavoro... 
Lei è la persona giusta!"
"Mi scusi, come può dire una cosa di queste se neanche ci conosciamo, se non ha visto nemmeno un mio Lavoro?"

Gianni si chiamava, ed iniziò a spiegarle che lui, parlando con una persona, un tale, aveva capito di aver trovato quello che cercava da tanto, troppo tempo. 
A lui serviva una persona che disegnasse strisce di fumetti, ma ancora di più illustrazioni per libri, libri per bambini, qualcosa che caratterizzasse il libro stesso.
Un lavoro non a tempo pieno, ma anche quello, ad incarico, dipendeva da lei non far collimare gli impegni, organizzare il tutto.
Si poteva fare, si doveva fare!
Era il suo più sogno, quello più nascosto, e tutto questo le piombava inaspettatamente tra le braccia.

"... una persona mi ha detto... Lei è la persona giusta!!..."

Perché accadevano tutte queste cose inaspettate.
Tutte queste cose belle, cose fino ad un anno fa impensabili? 
Onestamente, lei se le meritava tutte, ma cosa stava accendendo? 
Questa curiosa congiutura, era forse arrivata in paradiso? Mah.


Era alle soglie dell'esaurimento!
Non aveva in quel periodo un attimo di respiro.
Fausto, che aveva inizialmente valutato preoccupandosi questo nuovo impegno, in seguito visti i risultati positivi che il nuovo incarico riversava sul suo lavoro dello studio, rimase basito.
Aveva trovato la gallina dalle uova d'oro.
Questa cosa appariva certa.

Marta stava terminando un lavoro per una casa sul lago, un interno molto impegnativo e doveva anche terminare alla svelta, Gianni stava attendendo, con tempi invece strettissimi, di chiudere uno degli incarichi più importanti della sua vita lavorativa.
Un lavoro a metà fra strisce di fumetti e storie per un libro per ragazzi, commissionato da una casa editrice importantissima, una casa editrice che stava valutando di cedergli una serie importantissima di lavori concatenati, tanto dà fargli "appendere il cappello", come diceva lui.
Quel Lavoro era tutta la sua Vita, e Marta, guarda un po', era il punto focale.
Non era mai stato così stressante.
Ne era consapevole.
Troppo alta era la posta in gioco. 

Marta era in dirittura di arrivo con la casa sul lago, ma i tempi erano veramente strettissimi, impossibile arrivare ad un risultato che doveva invece impressionare.

"Ho terminato il mio lavoro, stai tranquillo, abbiamo poco tempo ma vedrai che come al solito il coniglio dal cilindro uscirà per magia!"
Non era assolutamente vero, assolutamente, non aveva neanche la minima idea di come risolvere la situazione, ma quella di calmare Gianni era l'unica via d'uscita.
Intanto le serviva serenità, non il fiato sul collo.

Si sentiva per la prima volta svuotata.
Quello che le si chiedeva era molto vicino al suo vero essere, alla Marta più profonda, lei invece iniziava a rendersi conto, che non ricordava più quella Marta chi fosse più.
Cosa aveva nel profondo?
Questo significava che, lei il suo lavoro, lo aveva fatto alla perfezione.
Aveva chirurgicamente "asportato tutto". 
C'era un velo, un impercettibile pellicola che non le lasciava attingere da quello che impellentemente le occorreva.
Maledizione!
Le ore passavano, e si trovava sempre di più davanti ad un muro.
Solo scarabocchi.
Inutili scarabocchi sul suo tavolo da disegno.

Tanto valeva cercare di dormire. Riposare.

Non riuscì a reprimere un pensiero. 
Nuovamente.
"Max avrebbe saputo cosa dirmi ora... Avrebbe trovato le parole, i gesti, per portarmi a compiere quello che ho dentro e non riesco ad esprimere..." 

Una immane ondata di rabbia la travolse.
Rabbia da spaccare tutto.

Ancora questa assurda storia! 
Basta!
Ma non si rendeva conto di quello che aveva creato? 
Quella figura lontana cosa diavolo ci entrava in tutto questo? 
RISPONDIMI MARTA! 

Era ora di smetterla.
Lei aveva avuto ragione.
Basta.
Lei aveva la sua vita, quella che lei sognava.
Aveva finalmente dato un senso ai suoi sogni.
Aveva una posizione, aveva realizzato quello che voleva.
Punto.

- In fondo era solo quello che avevi sognato, pensato e progettato con lui. 
Quello che tu gli hai negato. -

Le lacrime solcarono il suo viso.

Avrebbe potuto realizzare tutto questo con l'unica persona che sapeva starle al suo fianco, accompagnarla in quella Vita.
La persona che glielo aveva chiesto in ginocchio.
La sua Anima.
Max.

Si addormento' piangendo.

Un respiro sul suo viso.
Stava sognando?
Sicuramente stava sognando.

Sentì inequivocabilmente che qualcuno stava sendendosi al suo fianco.
Le prese dolcemente la mano, le carezzò il viso.
Vide che il materasso prese la forma di chi... non c'era.
Si sentiva serena, tranquilla.
La mano carezza il suo volto, lei si abbandona a quella dolcezza.
Le labbra sulle labbra.
Il respiro caldo sul suo viso.
Sentì distintamente il momento in cui lui si alzò per stendersi su di lei.
La sua eccitazione.
Lo voleva.
Le sue labbra sul collo.
Si abbandonò a quel piacere.
Lo strinse forte a se, era ad un passo dal suo essere più intimo e profondo.
Lui stava bussano alla sua Anima.
Aprì le sue gambe e lo sentì entrare dentro lei infinitamente. 
Era dentro lei.
 
Si muoveva per accoglierlo, e lui non si fece attendere, ma fu attento e dolcissimo.
Le sussurrava che era dentro lei.

"...apri gli occhi, aprilili ora.
Sono dentro te. 
Guardarmi!"

Non sapeva più distinguere cosa fosse sogno, cosa realtà.
 
Piangeva, vedeva lui piangere, e lei non poteva far altro che donargli il suo piacere.
Stava venendo e lui era dentro di Lei. 
Lui non era mai andato via.
 
Non si fermava, ora più veloce, con decisione, le stava strappando l'anima!
Era già venuta eppure, la stava facendo impazzire, ancora, ancora e poi... ancora.

"...sto per venire ancora..." 

non aveva mai detto una cosa del genere.
Non l'aveva mai provata.
Stava accadendo ora.
Inarco' il suo corpo per riceverlo e proprio al culmine del suo piacere senti che lui le stava donando il suo.
Era la prima volta che lui la inondava del suo Amore. 
Furono momenti interminabili.
Sentiva distintamente ogni singola goccia del suo Amore riempirla, mentre lei arrivava nuovamente al culmine del piacere. 

"Ti Amo Marta..."


Si svegliò con quelle parole che le rimbombavano nella testa.
Un sogno incredibile.
Un sogno irreale.
Sembrava invece effettivamente accaduto.
Avevano fatto l'amore  sul serio.
Sentiva addirittura i dolci dolori propri di quando si vivono certe cose,  sensazioni che oramai non provava da tempo immemore.
Decise di alzarsi.
Doveva sgrollarsi di dosso quella stupenda, terribile percezione.
Prendere al più presto distanza da quel sogno.

- E' stato solo un sogno... 
Solo un sogno. -

...quasi svenne. 

Seduta nel bagno, tutto l'Amore di lui, le stava riempiendo la mano...

Pianse  a disperazione.
Urlava dolorosamente.

Non poteva accadere questo.
Non era possibile! 

Diede di stomaco e trovò un attimo di pace.
Era sconvolta, devastata.
Non riusciva più a capire quello che dentro di lei si stava muovendo.
Passione.
Amore.
Paura.
Sgomento.

Ma era comunque certa, più di ogni altra cosa, che ora Lei c'era!
Finalmente c'era.
Si sentiva viva, percepiva perfettamente il suo essere, sentiva chi era e cosa avrebbe voluto finalmente essere.

Con le lacrime agli occhi corse al tavolo da disegno.
I tratti che nacquero erano decisi.
Erano quelli che cercava da una vita.
Uno, due, tre strisce.... Non si fermava.
Erano disegni colmi di passione, a volte duri, cattivi, ma mai fuori dalle righe.

Era sera inoltrata quando si fermò.
Senza mangiare.
Senza un attimo di respiro.

Aveva partorito il più bel lavoro della sua vita.
Aveva creato un capolavoro.

"Dove avevi nascosti questi disegni? 
Non puoi... non puoi aver fatto questo, non posso crederci"
"...mostrami gratitudine Gianni.
Mostramene staccando quell'assegno"

Aveva definitivamente strappato quel velo, aveva finalemnte conquistato se stessa.
Ora era padrona della sua anima.




I mesi passavano



"Marta, vado a salutare un amico, una amico che deve darmi un lavoro. Vorrei che te ne occupassi tu"

"Un altro lavoro?!
Gianni non dire idiozie.
Abbiamo l'impegno con la casa editrice americana che incombe, non dire sciocchezze!"

"Marta... questo è un lavoro che DEVI fare tu."

Arrivarono a casa di questa persona, una casa umile, piena di sole, una casa che le ispirava un dolce romanzo d'amore, tanto era concepita col cuore. 
Gianni nemmeno busso'.
Prese la chiave.
Entrò.

- Un sospiro senza fine... -

"Prendiamo i suoi manoscritti, le sue pubblicazioni, i suoi racconti.
Dobbiamo selezionare il tutto, creare dei bozzetti, figurarli, per poi farli pubblicare.
Siediti ora"

Non capiva, cosa c'entrava lei con quella storia?
Ma soprattutto perché Lei?
Perchè poi doveva... sedersi?

"Ho conosciuto quest'uomo tanto tempo fa.
In maniera del tutto fortuita.
Lui si occupava di consulenze.
Entrammo in confidenza e poi ci siamo persi di vista.
Dopo qualche anno lo trovai seduto ad un bar, lui parlarva con un signore, fui io a salutarlo, un abbraccio immenso, come solo lui sapeva fare. Passammo il pomeriggio insieme.
Gli parlai del mio progetto, quello che tu ora condividi  con me.
Gli spiegai che avevo fatto tanti di quei colloqui da sfinirmi.
Non ero affatto convinto.
Questo lui me lo leggeva negli occhi.
Allora mi disse che solo dopo aver finito tutti i miei colloqui, solo allora, dovevo parlare con te.
Mi raccontò di te.
Nulla sul come, sul perché.
Mi disegno' una immagine di te che solo ora posso dire, con estrema certezza, essera vera.
Marta, quella che sei ora.
Sei esattamente quello che lui mi ha descritto.
Gli risposi che se solo il dieci percento di quello che lui asseriva corrispondeva a realtà, ero l'uomo più felice al mondo.
Così accadde, e poi, niente più.
Non ho avuto più sue notizie.
Qualche mese fa, mia madre è  stata ricoverata, ricordi?
L'ho visto su un letto.
Non aveva nemmeno più la forza per parlare.
Prese il mio braccio, obbligandomi a non farne parola con nessuno; scrisse di suo pugno un foglio, nel quale mi lasciava tutto, tutto quel poco che aveva, tutto.
Era irrimediabilmente solo.

Casa.
Scritti.
Tutto ad una sola condizione, così disse lui, che tu non dovevi ASSOLUTAMENTE curarti del lavoro che oggi invece ti sto affidando.

Lo so.
Sto infrangendo un giuramento.
Lo so"

..."Max é morto tre giorni fa"




Ogni pagina dei suoi interminabili scritti, qualcuno edito sotto pseudonimi improbabili, altri scritti come bozze, strappi di realtà, piccole perle di infinita dolcezza, erano semplicemente la mia vita.

Mi aveva seguita, discretamente, in silenzio, senza mai incontrarmi, senza impormi mai la sua presenza.
Non mi aveva agevolato in nulla.
Non aveva mai usato "violenza" in quel senso.

Aveva incontrato di proposito Fausto, con intelligenza, con delicatezza, aveva fatto in modo solo di farmi parlare con lui.
Era certo, conoscendomi, che sarebbe andata così come poi tutto si è composto.

Con Gianni, un caso fortuito, che lui aveva saputo portare a mio vantaggio, senza forzare in alcun modo, il corso degli eventi.


La pagina più dura fu il suo racconto, una notte nel suo letto di ospedale.
La notte in cui sentì tutto il bisogno che avevo di lui.

- Sentii forte la nostra Anima cercarsi... non posso sapere perché  provi questo.
Non posso raggiungerti.
Stanotte posso solo Amarti." -

E lo fece.

Lo fece nel modo più intenso, nel modo con il quale un uomo può Amare una donna. 
Amandomi, come in tutta la sua vita aveva fatto.
In silenzio.
Rinunciando alla sua. 



Era riuscito a farmi capire chi io in realtà fossi.


“Ti vedo sorridere.
Ti vedo felice.
Ti Amo”