Un attimo lungo una vita

Può un solo attimo valere una Vita?!?

Odiava quell’odore. 
Lo odiava più di sé stesso.

Quell’odore acre e dolce di formalina, di finto pulito, di sanificato, gli dava il voltastomaco. Aveva promesso, giurato a sé stesso, che non avrebbe mai passato una giornata della sua vita, se non forse l’ultima, dentro un ospedale.

Non sapeva dove andare, tanto era scosso e frastornato.
Girovagava senza riuscire a fissare una meta. 
Si trovò nei pressi di un piccolo parco, minuscolo, proprio di fronte a quella grande libreria, dove aveva passato ore ed ore a sfogliare i libri tanto tempo prima, ad accarezzarne la carta, ad annusarne l’odore.
Oggi non voleva nemmeno vederla.
Si voltò di scatto e prese in pieno, maldestramente cosa? 
Qualcuno?
Cadde.
La luce si spense, voci, suoni e schiaffi sul viso.
Ma cosa volevano da lui?
Perché tutta quella agitazione?
Tanto rumore, tanta gente, ma poi perché?
Lui era sereno, era dove voleva essere, dove doveva stare.
Aprì gli occhi, e nei suoi riflessi, il volto di lei preoccupato.
Non sentiva le voci, vedeva solo le sue labbra muoversi, lui non riusciva a sentirla.
Mise i suoi occhi in quelli di lei, e rimase folgorato, lui percepì chiaramente la sua anima.
Sentì chi fosse stata, ora chi era, cosa lei desiderava diventare.
Percepì  distintamente i battiti cardiaci accelerati.
Nel silenzio più ovattato cercò di parlarle, lui poteva.
Parlò, calmo, con la sua anima.
Le fece un sorriso, un grande sorriso, e pronunciò, senza muovere le labbra e senza aprire la bocca: 
“Calma… Calma! Sto bene, non ti preoccupare. 
È bello finalmente conoscerti anima mia!”

Lei immediatamente si calmò, il suo sguardo si addolcì e gli sorrise.
Un sorriso immenso, caldo ed infinito.
 
Sempre, sempre in ritardo!
Ma come è possibile!
Ogni giorno apro in orario, eppure devo sempre correre come una matta.

“Ecco vuoi vedere che ho dimenticato le chiavi sul…”
Una botta incredibile!
Tutto in terra!
Borsa, chiavi dell’auto, telecomando del negozio.
Evvai! Niente altro? Chi più ne ha più ne metta!
Ma dove, con cosa, con chi aveva sbattuto violentemente? 
Si riprese dallo choc iniziale e lo vide.
Riverso per terra, il viso sereno, bianco ma sereno. Lui non si muoveva.
Non pensavo di avere la testa così coriacea.
Ho “steso” un uomo! Beh… almeno uno nella mia vita l’ho steso finalmente, e per giunta è anche “caduto ai miei piedi”!

“Signore! Signore! Si riprenda!
Per favore… qualcuno mi aiuti!
Oddio ma questo si è fatto proprio male. 
Signoreee!”

Gli occhi dell’uomo riverso a terra si aprirono ma, onestamente lo sguardo vago, vuoto, di certo lasciavano intendere che in quel momento, lui proprio non “intendeva” invece nulla.

Lo scuoteva delicatamente, gli parlava, ma lui la guardava sorpreso, senza minimamente staccare gli occhi dai suoi.
Un attimo ancora e poi sentì un calore.
Una sensazione forte, poderosa, proprio appena prima che lui le donasse un grande sorriso, un sorriso sereno, rassicurante.
Fu come sentirsi capita, compresa.
Fu come provare la sensazione di essere giunta nel punto preciso che lei, da una vita, ardentemente cercava arrivare.
Lei ricambiò il sorriso.
Lui si alzò.
Lentamente, molto molto lentamente.
 
Mentre tornava a casa il suono di quella voce, e gli occhi, soprattutto gli occhi di Lei lo agitavano, lo impaurivano.
Li temeva.
Una situazione veramente incredibile da raccontare, lui aveva paura di lei, ma di che cosa poi?!?

Cercò di alimentarsi, mangiare era diverso tempo che non faceva più parte delle sue attività quotidiane, e si mise sul letto.
Cadde in un sofferto dormiveglia.
Lampi di sogni veloci, stilettate al cervello, e poi, lei… i suoi occhi.
La sua figura riflessa nel lago, alle spalle la casa che aveva sempre desiderato.
Lui seduto sulla veranda, un balcone, non capiva, lui seduto mentre leggeva un libro, lei che gli passa di fianco, distrattamente lo carezza, lui alza lo sguardo, le prende la mano e la porta sul viso.
La sua mano, il suo Viso.
E tutto è al proprio posto.
Tutto era come deve essere.
La sua vita, finalmente lo era.
 
Una notte di un sonno tormentato, ancora quel terribile mal di testa.
Non c’è che dire, bell’inizio!
Sentiva ancora la mano di lei carezzargli il viso, vedeva i suoi occhi sorridergli e tutto il suo mondo trovava pace.
 
Forse non voleva, ma fatto si è che passeggiando invece, si ritrovò seduto su di una panchina, era a pochi passi dal luogo incriminato e quasi riusciva a rivedersi, mentre cadeva a terra, travolto dalla sua maldestra disattenzione, colpito e affondato dalla testata di lei.

Ancora tutto era assopito, le persone, camminavano distattamente verso la fermata della metro, nessuno stava passeggiando, tutti erano tristemente impegnati.
Sedersi e guardare il mondo scorrere, gli era sempre piaciuto, e gli piaceva da sempre, osservare, capire le persone senza conoscerle, percepire i loro sentimenti.
Questa cosa a lui riusciva terribilmente bene.
Anche se da lontano, la vide.
Sempre di corsa.
Si stava avvicinando con un telecomando in mano, alla serranda della libreria.
La vide.
Sentì ogni attimo della sua fretta, del suo vivere caotico. Sentì il suo disagio, quello di dover affannarsi per fare bene una cosa, che lei sapeva farla invece, ancora meglio.
Arrivare in orario.
Non riuscì a tacere un impercettibile risolino.
Ma quanto era bella?!?
Voleva dirle di rilassarsi: “Sei arrivata, calma, sei già sul posto di lavoro, per favore, riprendi fiato”
Quasi una coccola.
Lei si ferma, immobile, un secondo, due e poi... si volta verso di lui.
Lui smette anche di respirare, la vedeva distintamente volgere lo sguardo nella sua direzione, poi da un lato, dall’altro.
Non lo poteva vedere così da lontano, lui invece, seduto sulla panchina la vedeva, la sentiva nitidamente.

Lei in un attimo si calmò, tirò un sospiro di sollievo.
 
“Giuro che nella prossima vita rinasco migliore!” 
Tuonava contro sé stessa, domani metto la sveglia alle cinque e vediamo se la finisco di agitarmi e correre come una pazza.
Stavolta almeno le chiavi, il telecomando e chissà cosa altro diavolo, ce l’ho in mano, finalmente sono arrivata. Ecco. Punto.
Poi le accadde di nuovo.
Sentì nuovamente quel calore, quella sensazione di comprensione.
Si bloccò, era esattamente nello stesso identico punto dove era accaduto il disastro di ieri. 
Non era quella la fonte, come se sentisse osservata, e quella bella sensazione, le riempiva di calore e comprensione.
Senza volerlo si voltò, guardando alla ricerca inutilmente di chi…. Inutilmente.


Era divenuto un impegno quotidiano.
La mattina sedeva sulla sua panchina ed aspettava.
La guardava arrivare. 
In quei pochi istanti si riconciliava col mondo.
Ogni giorno si sentiva più legato a lei, ogni giorno non poteva disattendere quel curioso appuntamento, solo che, di appuntamento onestamente non si trattava.
Rimaneva per un tempo per Lui infinito, immobile a guardarla.
Lei in piedi davanti la serranda automatica, mentre, girando la chiave la sollevava.
Il suo profilo.
Il suo viso.
Quella mattina egli alzò la mano, con le sue dita, in lontananza, seguì il suo profilo.
La carezzò.
Il Cuore stava per scoppiare.
 
Stamane sono stata brava.
Stamane ho fatto tutto pian pianino, vedi come la vita è più bella e sorridente?!?
Con un bel sorriso si apprestava ad aprire la sua libreria.
Da quel giorno, ogni singolo giorno, pensava a quello che le era accaduto.
A quell’uomo.
A quel suo viso.
Ma quello che la scuoteva, era il ricordo vivo dei suoi occhi, quegli occhi profondi, malinconici. 
Tutte le volte che passava sul quel mezzo metro quadrato, era convinta potesse ancora sentire, ogni giorno, sempre più forte, quella poderosa, struggente sensazione di calore, di stupore.
Chissà lui chi era.
Che vita aveva.
Chissà quel dolore che lei aveva distintamente percepito a cosa fosse dovuto.
Aveva immaginato, quasi sperato, di trovarlo lì, fermo davanti alla libreria, di poterlo finalmente conoscerlo, che ne so, magari prendere anche un solo caffè con lui, solo per guardare ancora quegli occhi, chiedergli di quel dolore.
Molte mattine si è voltata all’improvviso, incredula, come se lui fosse lì, come se stesse per arrivare.
Ma... Nulla.
Mentre girava la chiave nella serratura, attendendo si alzasse, un leggero solletico, un invisibile tocco le fece arricciare il naso.
 
Erano passati diversi, tanti giorni, la sua vita era cambiata, lo sentiva.
Lei era presente, senza esserci, nella sua vita.
Ricordava il suo volto atterrito mentre lo scuoteva.
Ricordava le sue parole.
Ricordava distintamente tutto ogni singola mattina nelle quali era tornato ad “ncontrarla”. Era felice.
Era felice di aver avuto la possibilità di incontrarla.
Era felice e “doveva bastargli” così.
Non doveva conoscerla, non poteva, in quello stato poi.
Appena sveglio, occhiaie da panda frutto di notti infinite, di sogni ricorrenti.
Ancora più magro, frutto di pranzi inesistenti, cene consumate con poca voglia.
Oggi almeno la barba, almeno quella oggi l’avrebbe fatta, anzi, oggi voglio farmi bello! Oddio… presentabile.
Sorrise...

Mise più cura quella mattina a prepararsi.
Indossò una polo che aveva dimenticato esistesse, un paio di pantaloni con le pence, almeno quelle gambe scarnite, smagrite le nascondiamo un poco.
I capelli? No comment assolutamente!
Quella mattina si sentiva stranamente felice
Si sentiva pieno di gioia, come se stesse per rompersi un muro, lo sentiva, come se qualcosa di grande stesse per accadere.
Non aveva nessuna intenzione di incontrarla, eppure in cuor suo si sentiva più vicino a Lei.

Impiegò enormemente più tempo per arrivare, tanto, tanto di più.
Fu felice di aver deciso di muoversi con così largo anticipo.

Si accomodò “in prima fila” per lo spettacolo più bello del mondo.
Era inevitabilmente stanco. Sfinito.
 
Oggi sarebbe accaduto qualcosa!
Stamane si era svegliata con quella convinzione!
Evvai!!!
Ne era certa. Via i soliti abiti “da lavoro”, oggi mi vestirò coi colori del Sole.
 
Lui la vide arrivare.
Era stupenda.
Era bellissima
Sentiva che era lì per lui, lo percepiva.
Cercò di alzare la mano per seguire il suo profilo ancora una volta... Cercò.
 
I tacchi sul selciato facevano rumore.
Si fermò sul “solito” posto, si sentiva felice. 
Sentiva lo sguardo di Lui.
D’istinto si voltò.

Lui era lì! Lui la stava guardando!
Ne era certa!
Ma dove?
Come ogni mattina, in silenzio, Lui era sempre stato lì!
La Sua Anima ne era certa!
Come diavolo aveva fatto a non capire!
Sciocca che non sei altro!
 
Guardava  la scena e si vedeva seduto, come in una sala di un cinema.
Lui seduto sulla panchina, Lei che si voltava.
La vedeva felice, agitarsi, voltare la sua testa a destra ed a manca... e poi lei si mosse.

Iniziò a camminare, il cuore batteva all’impazzata….. c’era un uomo, lontano, seduto su di una panchina, C’era un uomo! 
Una polo ed un pantalone.
Doveva capire.
Doveva verificare sé stesse diventando pazza, si avvicinò.
 
Veniva verso di lui, voleva muoversi, voleva alzarsi.

Ad un tratto lei iniziò a correre.

Era buio.
Lui doveva andare via.
 
Dio è Lui! 

Cercò di non accelerare il passo, non voleva addirittura spaventarlo.
Voleva solo conoscerlo.
...ora lo vedeva ben in volto.
Era lui.
Gli sorrise, era felice, era la donna più felice al mondo!

Attraversò il parco, lo guardava.
Lui le sorrise.
La guardava e le sorrise.

Un attimo.
Un attimo lungo una Vita.

Lui cadde riverso sulla panchina. 
Iniziò a correre.
 
Lo abbracciava. Lo stringeva piangendo.
Le sue spalle, il suo petto, quello che aveva stretto quella mattina, non era nemmeno la metà dell’uomo di oggi.

Dio fa che non muoia.
Fa che non sia così!

Lui disteso sulle sue gambe, un sorriso dolce stampato sul suo volto.
Lei piangeva.
Le lacrime sul volto di quell’uomo, uno sconosciuto, una parte di Lei. 
Era come stringere la propria Anima.
 
Vide i suoi occhi aprirsi, i suoi occhi sofferenti erano dolcissimi.
Erano infiniti.

Lo conosceva da una Vita, senza averlo mai conosciuto.
 
Un soffio.
Un ultimo respiro.


 
“Ho vissuto la mia Vita solo per questo attimo”
 
 
 
 
Sentì una parte di sé abbandonarla, volare via.
Sentì la sua anima abbracciarla, dolcemente.

Aveva trovato la sua Anima, un attimo.
 
Un Attimo lungo una Vita.