Marcelo ed il fiume

In maniera ricorrente Marcelo, tornava per guardarlo.

Sedeva su quel masso, scomodo, immobile, freddo e guardava senza capire, lontano dal comprendere.
Seduto di fronte un’ansa quasi ferma di un grande fiume sonnolento a parlare, parlare a sé stesso.

A monte la corrente formava gorghi, spingeva forte, le acque veloci giocavano a rincorrersi, in un attimo poi, la larga curva diventava un’ansa, la corrente riprendeva sobrietà, quasi contegno.
Sembrava un bimbo il fiume, scapestrato, quasi mariuolo, irrequieto, un attimo, e poco dopo, bastava uno sguardo serio e penetrante di un Padre severo, e lui tornava composto, ordinato e taciturno.

Marcelo sedeva in silenzio per guardarlo, per osservarlo divenire serio, silenzioso.

L’Acqua da sempre lo attraeva, come d’altronde il fuoco lo ipnotizzava, lo rapiva. Inutile dire che lui vedeva riflesso il suo esistere in essa. 
Un momento ogni evoluzione, ogni accadimento del suo vivere sembrava gorgogliare sereno, spumeggiante, scivolare agile e forte tra le rocce senza sosta, senza sbagliare un colpo, a volte un freddo silenzio si impossessava delle sue giornate, la corrente spariva ed il lento gelido fluire delle acque diveniva torbido, diveniva cupo, profondo, perdeva la cristallina trasparenza.
Marcelo lo sapeva.
Marcelo era maturo per comprendere.
Marcelo aveva imparato a sorridere amaramente quando accadeva, aveva perso l’irruenza, la veemenza del recriminare sterile, contro sé, contro la Vita, Marcelo sapeva guardare ed attendere per capire, ora si, ora poteva.
 
Il Fiume ora gli parlava, il Fiume stasera aveva finalmente il desiderio di lascarsi comprendere e Marcelo sedeva lì per ascoltarlo.
 
Guardare a monte i gorghi, gli spruzzi, i giochi d’acqua spegnersi in un attimo, proprio lì davanti, velava i suoi occhi di tristezza, accade ancora, pensava, accade sempre, accade ogni volta.

È inevitabile

Poi il suo guardare venne catturato da un ramo, a monte, molto più lontano di dove era seduto. Sembrava annaspasse, sembrava lottasse per non essere trascinato, solo dopo comprese che invece agile, veloce, sereno, seguiva la corrente, si lasciava portare, questo si, ma grazie ad essa passava tra i massi, tra i gorghi senza affondare mai. 
E poi accadde.
Il corso si fa ampio, l’acqua quasi si ferma ed il Suo ramo, pigramente, sembrava godersi quel lascarsi lentamente trasportare. Non soffriva, non si dimenava, non opponeva resistenza, attraversava quel momento ad una velocità diversa.

Marcelo lo guardava passare.

Volse il suo sguardo a valle allora, e capì che altre anse, che altre forti correnti attendevano il suo ramo, e quindi il suo pigro transitare ora assumeva una accezione tutta nuova.
La stessa acqua che a tratti agitava velocemente il suo vivere, a volte si fermava, rallentava il suo correre, la stessa Acqua che poi avrebbe ripreso a correre, a spruzzare a gioire. 

La stessa Acqua componeva il suo vivere, forte, rapida, lenta, fredda, ma mai, assolutamente mai, immobile.
 
La Vita oggi però, dolorosamente scorreva lenta.
 
Marcelo ora lo capiva.